Apologia dell'identificazione

Molti considerano la propensione dell'essere umano a identificarsi in un'identità separata, a sé stante, soggettiva e in relazione diadica con il resto dell'universo, come una ″disfunzione″, un ″errore″ generato dal fallace funzionamento della mente, o, nel migliore dei casi, un'illusione figlia dell'ignoranza il cui ″antidoto″ è la conoscenza della verità.
Dal punto di vista unitario, essa  è solo una delle infinite modalità di manifestazione dell'ente unico assoluto, che, proprio grazie a tale fantastico meccanismo, genera un'incredibile varietà di espressioni e di interazioni. In altre parole, la nostra illusoria percezione che esista una realtà divisa fra un soggetto individuale dell'esperienza (noi) e un mondo fenomenico esteriore (tutto il resto) è il modo attraverso il quale sono create le infinite esperienze che chiamiamo vita e che, è bene ricordarlo ancora una volta, appartengono realmente a chi è il soggetto ultimo di ogni manifestazione della realtà: l'ente unico assoluto.
Però ... per chiudere circolarmente il ragionamento, dobbiamo considerare che anche il desiderio, variamente motivato, di superare tale visione dualistica dell'esistenza, fa parte a sua volta della differenziazione della manifestazione di tale ente. Manifestazione che, per quanto riguarda questa specifica modalità, vede dunque un continuum che va dalla totale identificazione dell'individuo in un'entità separata alla sua totale identificazione con il tutto (coscienza di unità). I due lati dell'unica medaglia chiamata identificazione.