L'io è l'universale manifesto

L'io è l'universale che dirompendo per tutta la particolarità del suo molteplice, cioè per tutta la varietà degli esseri, dei fatti, delle cose di natura, rifluisce poi da quella particolarità e da quella varietà a se stesso, come a sintesi suprema, come storia che si dispiega non può che ritornare in sé per sentirsi e ricostituirsi come una. È l'unità che si moltiplica ed intreccia tutta una trama di reciproci rapporti e tutta poi converge a sé medesima. La sua individualità operante in mezzo alla molteplicità degli esseri non è che l'universalità stessa dell'essere che tutta unita si moltiplica e diviene, infrangendosi nella casualità dei rapporti. Di cui l'identità del pensiero con tutti i suoi pensati, di cui la perfetta chiusa circolarità dell'io che non lascia alcun residuo oltre di esso della sua unità in cui poter immaginare altra realtà che non sia altra storia ancora di se stesso, altra storia di quell'unità.


Gaetano Meglio in La filosofia dell'infinito (1951)