Se qualcuno dicesse che il tathâgata va o viene, sta o siede,o giace, egli non avrebbe inteso il significato del mio insegnamento.
Perché? Perché la parola tathâgata dice che egli non va in nessun luogo, non viene da nessun luogo - e per questo viene detto il tathâgata, il santo e perfetto illuminato (Vajmcchedikâ XXIX). Così questa visione dell’unità assoluta, come libera le cose, libera anche l'uomo perché quale verità esoterica si giunge a questa rischiosa affermazione: "non hai da cercare la liberazione perché non vi è stato tempo in cui tu sia stato mai vincolato".
È per tal via che si giunge anche alla equazione paradossale delle scuole mahãyâniche più spinte: nirvâna e samsâra, l’incondizionato e il condizionato, il “mondo” e “la fine del mondo” non sono opposti, non costituiscono una dualità: sono una sola e medesima cosa. La forma è il vuoto e il vuoto è la forma. Il vuoto non è diverso dalla forma. La forma non è diversa dal vuoto... Così tutti gli esseri hanno i caratteri del vuoto, non hanno un principio, non hanno una fine, sono perfetti e sono non perfetti. (Prajñâpâramitâ-hrdaya-sütra).
Julius Evola in La dottrina del risveglio (1943)