Esistere è l'essenza del mondo fenomenico

Fino dal suo primo affermarsi, anche il pensiero occidentale ha lasciato la sua impronta indelebile nella ricerca logica o nell'intuizione poetico-religiosa del substrato unitario universale al quale deve essere ridotta l'infinita ricchezza del divenire fenomenico se si vuole andare oltre la realtà apparente della rappresentazione sensibile.

Che cosa poteva presentarsi a menti ancora esclusivamente preoccupate del mondo dato come realtà esterna, come l'essenza fondamentale che poteva presiedere ad ogni possibilità di constatazione empirica? Qual era la nota indubbiamente universale, unitaria, che doveva essere comune, assolutamente identica in tutte le cose? Evidentemente la sua stessa esistenza. 
È l'esigenza che ancora nella coscienza attuale costituisce il presupposto indispensabile di ogni cosa: che essa in primo luogo sia. Sia cioè incondizionatamente, sia indipendentemente dalle sue qualità particolari, da questo o da quel predicato che eventualmente potremmo aggiungere al concetto di essa e completare così la nostra primitiva affermazione "questo è", in una proposizione, più ancora in un giudizio: "questo è qualche cosa". Il "qualche cosa" che si aggiunge sarà il diverso, il relativo, il molteplice; ma la nota che unisce tutti questi eventuali particolari dell'oggetto che si potranno riferire, è l'essere incondizionato di quell'oggetto o di quel qualunque altro oggetto che si fosse voluto prendere in esame.

Giovanni Emanuele Barié (filosofo) in L'esigenza unitaria da Talete a Platone (1931)