La visione della vita di Eucken

Gli ultimi secoli e decenni hanno compiuto un lavoro gigantesco col quale hanno dato un nuovo aspetto alla realtà e creato una nuova forma di vita. Ma l'anima non ha seguito di pari passo il procedere superbo e vittorioso di quel lavoro le cui brillanti conquiste non significano guadagno per tutto l'uomo, per l'uomo interiore. Con le sue attività febbrili esso ci porta sempre più verso il mondo esteriore,  legandoci alle sue necessità e l'opera esterna tende sempre più ad assorbire tutta intera la nostra vita. Ora, dalla vita dipende in ultimo anche l'essere. Ove le cose di fuori incatenano a sé ogni senso e attività e respingono sempre più nell'ombra il pensiero della vita interiore, della spiritualità intima, l'anima ne soffre. L'uomo in mezzo a tutti i suoi successi diventa un essere povero e vuoto e si riduce ad un semplice strumento di un processo impersonale di cultura che si serve di lui e lo calpesta a seconda dei suoi fini, che passa con impeto demoniaco sulla vita e la morte degli individui e delle generazioni, senza avere in se stesso senso né ragione, chiuso ad ogni sentimento di pietà e di carità umana.


Rudolf Christoph Eucken (filosofo e scrittore tedesco, vincitore del Premio Nobel per la letteratura nel 1908) in Die Lebensanschauungen der großen Denker (1890) trad. ita. La visione della vita nei grandi pensatori (1907)