Questo film dalle straordinarie atmosfere himalayane si chiude con una frase che il protagonista, un monaco buddhista, legge a chiusura della sua temporanea esperienza ″mondana″ di uomo sposato e con un figlio (proprio come il principe Gautama): ″Come evitare che la goccia d'acqua si asciughi? Rigettandola nel mare.″.
È evidente il riferimento all'impermanenza della manifestazione della realtà e al ciclo delle rinascite, ma non deve sfuggire all'osservatore consapevole la premessa che attribuisce alla goccia una identità sua propria (anche se temporanea) individuata sulla base di caratteristiche quali, in primis, la forma. Come già affermato in altri post, l'individuazione e contrapposizione della goccia al mare è arbitraria e frutto di una visione dualistica della realtà. Di fatto, non esistono di per sé né la prima né il secondo, ma esiste soltanto l'acqua.
Nel Buddhismo, l'avidya, l'ignoranza della verità, è una delle tre ″radici non salutari″ che tiene l'essere umano legato al ciclo delle esistenze (il Samsara, appunto). Attenzione dunque a non alimentarla, anche indirettamente, attraverso la convinzione che vi sia realmente una goccia ″da salvare″.