Risposta generale ai commenti

Nei commenti alle citazioni riportate in questo blog ritornano costantemente due osservazioni:
- i brani riportati mostrano una certa visione unitaria, ma il resto dei testi da cui sono estratti presenta parti non coerenti o che addirittura contraddicono tale visione;
- molte delle citazioni fanno riferimento a Dio, per cui sono difficili da accogliere per un non credente.
Offro una risposta a entrambe le osservazioni.


La visione unitaria può essere il risultato di un percorso, un processo, di graduale abbandono delle convinzioni dualistiche a favore di un ampliamento della consapevolezza. In tal caso sarà più facile restare coerenti con essa nelle parole con le quali la si comunica e nei comportamenti conseguenti. Tuttavia, più spesso essa è il frutto di un'intuizione che attraversa l'intelletto, illuminando per lo spazio di un istante la vera natura della realtà.
Rari sono però gli amanti della verità per la verità, coloro che si fermano a contemplarla mantenendo fisso il loro sguardo su di essa. Molti, spinti dall'entusiasmo o dalla necessità, cercano invece di utilizzare la nuova consapevolezza per qualche finalità personale, fosse anche solo il desiderio di acquisire un merito nella sua divulgazione. Ma soprattutto, vi è nei più il tentativo di armonizzare la propria attuale concezione della vita, e del ruolo dell'essere umano in essa, con la nuova visione, con tutte le difficoltà che derivano dall'aver saltato le tappe intermedie di tale integrazione. Ciò è ancor più evidente in coloro che tentano di riunificare la propria teologia di riferimento con la visione unitaria. L'operazione più comune è infatti quella di identificare il proprio Dio con l'ente unico assoluto, asserendo, di conseguenza, la comune natura divina di tutto ciò che esiste, soprattutto là dove è il soffio della vita. Purtroppo, il condizionamento alla separazione fra la divinità e il creato, o, potremmo dire, fra il fisico e il metafisico, non permette di stabilire con convinzione quella unicità di soggetto che si riflette anche in una forma linguistica coerente, che supera la dialettica antitesi di una terza persona verso una prima o, al massimo, una seconda persona plurale. Se infatti è presentato, nel ragionamento proposto, un "Egli" (addirittura maiuscolo) che si contrappone a un "noi", risulta difficile, per non dire impossibile, per il lettore percepire la coincidenza dei soggetti, con la conseguenza che il soggetto dichiarato "unico" e "universale", in tal modo, non risulta essere poi così assoluto.
Dunque, citando un grande maestro quale Krishnamurti, il più grosso ostacolo alla nostra illuminazione è che vogliamo portarci dietro la scala che abbiamo utilizzato per raggiungere il nuovo stato. Purtroppo, il gioco a rimpiattino fra la singola personalità identificata e l'ente unico universale (soprattutto se considerato divino) a cui si assiste in molti degli scritti qui riportati, ha l'effetto diluire la potenza dell'intuizione originaria dell'autore.
In ogni caso, quando nei brani si legge del Dio cristiano, o di altra religione, è opportuno intenderlo come quell'Uno assoluto, unico ente esistente, di cui la realtà (compreso l'essere umano) è la sola espressione, e si abbia venia per l'autore che, con grande fatica e in equilibrio precario, sta cercando di procedere lungo la fune della verità. 

1 commento:

  1. In effetti nel resto dei testi di molti autori qui riportati la visione di unità è annacquata se non del tutto persa nel tentativo di riconciliare con essa il bagaglio di nozioni filosofiche, teologiche, morali, ecc dell'autore. A volte l'autore cerca di "far entrare la visione più grande in quella più piccola", altre volte le presenta una a fianco dell'altra e propone ardite forme di relazione fra le due per dimostrare che sono la stessa cosa, mancando però di quella circolarità del ragionamento che dimostra appunto la coincidenza dei soggetti. In ogni caso se si usa il giusto faro si riesce sempre a trovare i segni autentici della verità anche in mezzo a mille congetture.

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